IL 2 GIUGNO: STORIE DI COMMERAZIONE E NON

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Il poster di un paese unito. Questa è stata la festa del due giugno; non poteva essere altrimenti nel centocinquantesimo anniversario dell’unità d’Italia. 80 delegazioni straniere, 40 capi di Stato esteri e tanta folla da tutta l’Italia. C’erano persino i leghisti. Una alla volta le divisioni italiane e straniere, in divisa storica e non, hanno sfilato lungo i Fori Imperiali suscitando l’entusiasmo di tutti i presenti. Il tutto sullo sfondo del gigantesco tricolore che scendeva su quel colosso di romanità che è il Colosseo. Insomma, che gran bello spettacolo.
Ma non è sempre stato così. Il 2 giugno 1947, ad un anno dalla proclamazione della repubblica, Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato, festeggia la ricorrenza andando a Montecitorio su un’auto scoperta scortata da carabinieri a cavallo. La parata militare verrà introdotta solo nel 1950, con il presidente Einaudi, per celebrare anche l’ingresso italiano nella Nato. Nel 1958 il generale de Gauelle è ospite del presidente Gronchi, insieme a Scelba e a Togliatti, nei giardini del Quirinale. In realtà il culto del 2 giugno repubblicano fatica ad entrare nelle simpatie degli italiani anche per la concorrenza spietata che festività come il 25 aprile, molto più sentite e nazional-popolari, continuano a fare. Una debolezza simbolica e retorica che verrà palesemente fuori negli anni ’60 quando con l’imperversare dell’antimilitarismo, dell’addio alle armi e dell’obiezione di coscienza, le celebrazione sprofondano nel dimenticatoio. Il mito di un’appartenenza comune diviene una tradizione di cui poter fare a meno.

Il 1981 arriva il ciclone Pertini: l’Italia del socialismo tricolore e della lanciata “italian way of life” risolleva il 2 giugno e riporta la maestosa parata ai Fori Imperiali, con bordate di fischi degli ambientalisti e dei pacifisti. Ma manifestazione del genere si sa, costano, costano e come. Per questo Scalfaro nel 1993 taglia ancora una volta la parata militare.

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