Si inizia con Ingegneria…

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(di Pietro Deligia)

Dopo tre settimane di agitazione e lezioni bloccate dallo sciopero dei ricercatori, l’altro ieri all’ora di pranzo un’affollata assemblea, 250 persone, diversi docenti, ha scelto: tende in facoltà, sul tetto del chiostro, e studenti a passare la notte in aula.

Quindi si inizia, parte una lotta che si preannuncia lunga e dura. Sul perché è risaputo ormai, mancano i soldi.

Quello che maggiormente infastidisce i rettori è il mancato rispetto degli accordi con il ministero, cioè, gli atenei dovevano razionalizzare e snellire i corsi di laurea e la didattica, ma una volta fatto ciò il ministero si sarebbe impegnato ad elargire i fondi necessari per poter affrontare un nuovo anno accademico.

La novità è che il movimento 2010, che prova a smarcarsi dall’eredità dell’Onda portando la contestazione studentesca dentro la società, trova la benedizione del corpo insegnante e degli stessi presidi di Facoltà. Fabrizio Vestroni, a capo di Ingegneria (Sapienza), ha già fatto sapere: “I tagli della Gelmini stanno mettendo a rischio i corsi della stagione che parte”.
Nel mondo universitario italiano le assemblee si susseguono in vista della discussione del decreto legge di riforma firmato dal ministro Mariastella Gelmini, giovedì alla Camera. Gli studenti – tutti, superiori e universitari – hanno annunciato mobilitazioni sotto il Parlamento.

Quindi? Cosa succederà? Riuscirà a partire questo anno accademico?

Credo di si, anche se in ritardo abissale.

Credo anche che ci siano evidenti carenze e mancanze da parte dello Stato verso l’istruzione. Quel poco di buono che il decreto Gelmini poteva portare, la razionalizzazione dei corsi, e quindi dei costi, è in questo momento affossato dal fatto che non ci sono i finanziamenti minimi per far partire nemmeno le lezioni, e tolta anche questa forma di didattica, all’università italiana non rimane proprio nulla.

I laboratori non ci sono, l’interfacciamento con il mondo del lavoro avviene di rado e quasi mai per merito degli atenei, le strutture sono fatiscenti e ci sono carenze strutturali soprattutto nei grandi atenei…insomma l’unica cosa che avevamo era la didattica, tante ore di pura teoria (e credetemi non è il massimo per chi studia materie scientifiche!).

Adesso ci hanno tolto anche questo, allora è giusto fermarsi.

Bisogna riflettere molto, fino a ieri il nostro paese era uno di quelli che in Europa investiva meno nell’istruzione, ma nonostante ciò, vista l’eccellenza nell’insegnamento si riusciva ugualmente a sfornare cervelli competitivi, oggi invece si è reso impossibile l’inizio dell’anno accademico…..

Quello che tuttavia mi rende triste, è il parziale isolamento in cui avvengono queste proteste.

Medicina, ad esempio, non sembra essere minimamente toccata da questa emergenza, forse si sentono al riparo da tutto? O credono che questa protesta non li riguardi?

Nemmeno tutti i piccoli atenei stanno appoggiando queste proteste, visto che i loro problemi nel riorganizzare la didattica sono stati ben inferiori rispetto a quelli dei grandi atenei, e per adesso la loro situazione potrebbe sembrare migliore, ma in futuro?

La guerra si fa insieme, perché a beneficiarne non sarà il singolo ateneo, ma l’università italiana tutta. Non è, e non deve essere una battaglia isolata, ma ci deve essere partecipazione per un futuro migliore che ci riguarda molto da vicino.

30 pensieri su “Si inizia con Ingegneria…

  1. GAIA

    Ovviamente sono d’accordo con le proteste ed il rinvio dell’anno accademico, sebbene ciò non faccia che penalizzare ulteriormente gli studenti, è giusto fermarsi e protestare tutti insieme quando si arriva ad una situazione del genere..insostenibile per tutti!! Per tutti insieme intendo che, come giustamente facevi notare tu, la protesta e la lotta dovrebbero essere appoggiate anche dagli atenei più piccoli che per il momento riescono ancora a sostenere i costi o da facoltà come Medicina che sembrano non sentirsi toccate, perchè si sta lottando per un qualcosa che va ben oltre i soldi che mancano in una singola facoltà o università, si sta lottando per far sopravvivere l’Università italiana che tra tagli e riforme sbagliate sta arrivando al capolinea! Tuttavia ciò che mi lascia abbastanza perplessa è come nonostante il “casino” che stanno facendo ricercatori, rettori e studenti il decreto sia ancora in discussione alla Camera e probabilmente domani verrà anche approvato. Lo Stato non dovrebbe agire tenendo conto di ciò che chiedono i cittadini e la società? Si può approvare un decreto che la maggior parte della popolazione non vuole? Al di là del non condividere i contenuti del decreto in questione (quantomeno non tutti) non credo sia democratico approvarlo nonostante le proteste…

  2. Luca C.

    @GAIA
    parlare di democrazia in questo regime mascherato è come parlare di salsiccie alla fiera della falia e broccoletti… non c’ha niente a che fa!

    Purtroppo per farsi “ascoltare” e far valere il proprio diritto a essere ascoltati, vi è una vera e propria scala di protesta, che va dalla manifestazione pacifica sino a quella fatta con piombo, benzina e tritolo. Sinceramente con questi cani inetti al governo preferisco l’ultima, è quella che meritano. Chi comanda siamo noi, non loro.

  3. Silvia :)

    Ciao Pietro ! Medicina e i piccoli atenei non sembrano muoversi perchè , io parlo per me che studio a Latina , sembriamo trovarci in una piccola isola felice dove non si parla assolutamente di lezioni che iniziano in ritardo o altro , anche se personalmente penso che sia razionale temere , come ho fatto io , una chiusura delle sedi distaccate per razionalizzare costi . Invece no , pare che La Sapienza non cedi al ricatto e iniziano le lezioni . . . e il problema non sembra toccarci . o.O

    • Pietro

      @ Silvia:

      Sicuramente la vostra situazione è più rosea, ma un pò di solidarietà…non farebbe male! E poi in questo periodo non va bene sentirsi al riparo da tutto, la situazione è tragica anche per i nosocomi della penisola intera…

  4. Gian

    forse è veramente quello che ci meritiamo dato che i governi berlusconi vanno sempre contro l’istruzione ( non solo) eppure continuano regolarmente ad essere rieletti. La cosa che fa più ridere è che tra coloro che manifestano c’è anche gente che ha permesso alla gelmini di stare lì dove si trova, in tutto il suo potere e in tutta la sua ignoranza! Sono anni che si lotta, si sciopera, e per cosa? Per tornare sempre al punto di partenza! Mah…

  5. Gian

    inoltre penso che non sia giusto fermarsi solo per colpa dell’incompetenza di quattro ignoranti strapagati che, oltretutto, soggettivamente parlando, nemmeno mi rappresentano…

  6. Pietro

    @ Gian:

    Personalmente non credo che il problema scuola-università sia dovuto solo al DDL Gelmini, anzi, per troppo tempo l’istruzione è stata trattata come un ammortizzatore sociale e basta, un’ancora di salvezza per il sistema paese.
    Qualcosa andava fatto, perchè il collasso era imminente, magari in modo leggermente diverso, e soprattutto dando di più dove si poteva dare.

    • Gian

      purtroppo si ammortizza sempre sulle cose in cui si dovrebbe ammortizzare di meno, l’istruzione su tutte, dato che è da questa che verrà forgiata la futura classe dirigente italiana, o sbaglio? Che futuro pretendiamo di avere se non coltiviamo al meglio questo seme?

      • Pietro

        Ma tu hai perfettamente ragione, quello che intendo io è che si è dato troppo in passato, e dove non serviva, a tutto il sistema dell’istruzione.
        Non dimentichiamoci che anche quando i soldi c’erano, gli sprechi erano enormi.

        Poi parlando di quel principio di tassazione progressiva che esiste nel nostro paese, e per cui tante volto mi sono trovato a discutere sulla sua legittimità.
        Ammettendo che esso sia leggittimo, vi sembra giusto che chi guadagna 100000 euro all’anno paga come chi guadagna 1000000 ?
        Allora la presunta giustizia sociale non si applica bene ed in ogni dove!!!

  7. Davide

    Questo dovrebbe essere il mio primo anno all’università. Le lezioni ancora non partono e non si sa con certezza quando partiranno. Una situazione tranquilla insomma…mettiamoci che questa non è una riforma e il gioco è fatto. Purtroppo siamo arrivati al punto di dover pagare fior di quattrini (scuole private) per poter ricevere l’ISTRUZIONE. Sì perchè le scuole private usufruiscono di fondi (tutti vorremmo capire il perchè) mentre la scuola pubblica sta morendo lentamente. E nessuno fa nulla, i giornali non ne parlano, la televisione lasciamo perdere…qualè il nostro futuro?

  8. Pietro

    Credo che uno dei problemi che l’univarsità si porti dentro da qualche tempo è la continua decentralizzazione. Mi spiego meglio, se a Roma c’è un corso di laurea che funziona bene, perchè metterne un altro a Latina che sicuramente non avrà gli stessi standard qualitativi o quantitativi, cioè se ci sono poi pochi iscritti?

    Questo è un esempio del dover dare ai vari dislocamenti territoriali un qualcosa, anche quando quel qualcosa non serve a nessuno!
    Sarebbe meglio intraprendere percorsi per avere poli territoriali ad alta specializzazione in un solo campo, in modo da poter formare anche tutto l’indotto che potrebbe derivarne…pensate….

      • Pietro

        Intendo che avere 10 corsi di laurea uguali nella stessa regione non è, secondo me, un bene!
        Credo che ogni territorio per storia, cultura, abbia delle eccellenze che debba portare avanti, e su quelle eccellenze bisogna pianificare l’offerta accademica così da avere in ogni territorio una forte specializzazione su un settore specifico!

        Esempio: se a Siracusa non ci sono industrie farmaceutiche che senso ha mettere un corso di laurea in CTF (chimica e tecnologia farmaceutica)?

        Oppure: Se a Milano servono 1500 ingegneri all’anno altamente specializzati, perchè farmarli a Padova e poi farli trasferire?

  9. GAIA

    @ pietro: riguardo al tuo ultimo esempio. E se io sono di siracusa, voglio studiare CTF ma non ho abbastanza soldi per trasferirmi a roma o altrove? non sono d’accordo sul fatto che ogni territorio dovrebbe offrire solo determinati corsi di laurea, ma l’offerta dovrebbe essere il più varia possibile. Che poi invece tu mi venga a dire che ad esempio non ha molto senso avere un corso di laurea di medicina o di ingegneria esattamente “uguali” a latina e a roma sono d’accordo perchè in quel caso chi fa il pendolare per arrivare a latina può arrivare anche a roma quindi il discorso è diverso dal precedente.

    • GAIA

      mmm.. non sono convinta sia questa la soluzione più consona… anche perchè non cmq le spese da fuori sede studentato o appartamento che sia sono sempre maggiori di quelle da pendolare e poi magari potrebbero esserci altri motivi che non consentano di lasciare la famiglia… lasciare il sud senza università solo perchè non ci sono determinate industrie nelle vicinanze non mi sembra una valida soluzione, almeno per come la penso io!

  10. GAIA

    Scusa non hai detto che se per esempio intorno a siracusa non ci sono industrie farmaceutiche non ha senso avere la facoltà di CTF?!? mica ho detto che hai proposto di togliere tutte le università, ma quelle che secondo te non sono “adatte” all’offerta del territorio!

  11. Pietro

    Appunto, mi dici a cosa serve? Tanto prima o poi ti devi trasferire in posti che non conosci e che forse, dico forse, è meglio conoscere già da prima, per capire il tessuto sociale almeno.
    Tra l’altro avere un università che avvicina al mondo del lavoro dovrebbe essere la normalità e non l’eccezione. mi spieghi come si fa se il lavoro si trova a 1000 km di distanza?’?

    E poi se vogliamo continuare con questa storia io voglio quindi…e poi quando non si trova lavoro ci lamentiamo….c’è qualcosa che non va.

  12. GAIA

    Si ma se uno si trasferisce per lavoro è diverso, sei retribuito quindi puoi permetterti una vita più agiata anche non abitando più con la famiglia, a 19 anni è diverso e come ho già detto, le spese da fuori sede sono senz’altro maggiori rispetto a quelle da pendolare!Io penso che ogni regione dovrebbe avere più o meno tutte le facoltà,cosi da poter lasciare libera scelta alle persone se trasferirsi già vicino ad un eventuale futuro lavoro o rimanere a vivere a casa fino a quando non si è “costretti” a trasferirsi! e lo dico non perchè personalmente ho problemi a muovermi, anzi.. ma perchè conosco tanta gente che sia per motivi economici che familiari piuttosto che trasferirsi a 19 anni smetterebbe di studiare o sceglierebbe una facoltà vicina solo per non doversi muovere!

  13. Eddie (S.D'errico)

    Oggi sono stato ad un’assemblea tenutasi a Latina da cui sarebbe dovuta partire un’ipotetica manifestazione con capolinea presso il comune della stessa città.
    Risultato? scarsa affluenza a testimonianza del fatto che non tutti gli studenti si sentono realmente minacciato o tirati in ballo dallo scempio, che questo DDL Gelmini rappresenta. Nessun rappresentante o iscritto alle facoltà di economia, medicina di Latina, forse perchè loro son partiti? e bé? anche noi prima o poi partiremo (sicuro entro il 1 nov) ma questo non significa affatto che una volta partiti non ci sarà alcun problema anzi, saremo solo agli inizi, visto che dovremo fare di nuovo i conti a ridosso del secondo semestre.

    Per fortuna e buona volontà dei presenti, la manifestazione non è degenerata ma è stata sciolta a favore della continuazione dell’assemblea assieme a dei prof. che ha portato alla creazione di un “Collettivo” di studenti(a cui anche io ho dato adesione) con l’obbiettivo di :

    1) creare informazione e coscienza(oggettiva ed imparziale) su quali sono e saranno i rischi e su quello che è realmente il DDL.
    2) dare una linea guida e voce a tutti gli studenti di ingegneria Latina.
    3) cercare (diversamente da quanto fatto fino ad ora) di associare alle proteste, delle proposte concrete, per far capire una volta per tutte a tutti gli enti pubblici(comune, provincia ,regione governo), che noi non siamo un peso o una bestia apparentemente
    grassa a cui somministrare una dieta, o meglio il digiuno! noi siamo una vera e propria risorsa rinnovabile e per questo fonte di investimento! come la ricerca medica serve per aumentare il benessere sanitario del sistema paese, anche la ricerca ingegneristica e noi ingegneri rappresentiamo un notevole potenziale contributivo dal punto di vista economico, tecnologico, ed energetico! se l’Italia vuole essere competitiva deve saper coltivare anche la risorsa che noi rappresentiamo!.

  14. Carlo M.

    Allora vorrei iniziare a dire che i problemi della riforma sono molteplici e non si limitano ai tagli.
    Quello che dice Pietro è vero fino ad un certo punto, proprio perché parte degli ordinari, i presidi ed i rettori sono a favore della riforma in quanto da loro grandi poteri amministrativi degli atenei, consolidando ancora di più il modello piramidale che già c’è ora, consolidando quindi i vari “baronati” ecc ecc.
    Quello che anche questi signori con slancio demagogico contestano sono i meri tagli che, si è vero sono parte del problema ma NON sono l’unico problema.
    Faccio l’esempio del magnifico rettore Frati, lui e tutta la CRUI sono sempre stati favorevoli alle linee guida della riforma compreso il turn over fermo al 50% (con assenza di concorsi) fino al 2012.
    Ora però stanno vedendo il brutto perché cominciano a vedere i veri tagli al FFO, cosa che li porta a farsi due conti in tasca e capire che non può andare avanti così.
    Ricordiamo inoltre che il taglio da 1,5 Miliardi di Euro fa parte della legge 1905 ma fa parte della finanziaria triennale. In quanto la ricerca e l’università ormai sono trattati solamente come capitoli di spesa e non beni strategici del paese…

    Ricordo inoltre che l’Italia attualmente spende l’1.09% del proprio PIL (in decrescita) nel settore della ricerca molto sotto al parametro medio proposto dal trattato di Lisbona che dice agli stati europei di adeguarsi ad avere almeno un investimento del 3% in ricerca ed università.

    Questi tagli ovviamente non toccano solamente la didattica, detto per inciso sinceramente a me fa ribrezzo che il 90% del FFO vada a finanziare gli stipendi e le spese di funzionamento dell’ateneo stesso, toccano soprattutto il diritto allo studio dei ragazzi.
    Riducendo all’effettivo al lumicino le possibilità di accedere alla borsa di studio e quindi sostenere le spese che lo studio comporta.

    Credo quindi che la protesta debba chiedere si di riavere i fondi, ma che non debba fermarsi alla prima elemosina che il governo centrale ci elargisce.

  15. Carlo M.

    Quello che ho spiegato in seguito, ovvero che non è proprio vero che l’unico disagio che sta vivendo ora e da trent’anni a questa parte sia il definanziamento. ^^

  16. Pietro

    @ Carlo:

    Hai certamente ragione, solo che io avevo sottolineato quell’aspetto perchè a mio avviso è quello che più ha determinato la situazione attuale

  17. Francesco Baratta

    Alla discussione non posso che apportare la mia esperienza personale dopo 5 anni da studente di Medicina a La Sapienza.
    La nostra situazione è un pò particolare in quanto de facto siamo più strettamente correlati al policlinico Umberto I che all’università stessa. Inoltre la categoria a cui appartengono professori e ricercatori della mia facoltà è una categoria particolare, a cui chi mi conosce sa non risparmio dure e numerose critiche, non dedita agli scioperi e che ha forte il senso di responsabilità a cui è chiamata [credo sia l’unica categoria professionale che eserciti costantemente, nelle rare occasioni di protesta, lo sciopero bianco].
    Spero con queste 2 premesse di aver spiegato in parte i perchè razionali e di abitudini che vedono costantemente in una condizione di passività la mia facoltà nei momenti di protesta. Tuttavia reputo tutto ciò sbagliato in quanto credo fortemente in quello che è il principio di solidarietà, che nei momenti di rivendicazione è sempre fondamentale. Io personalmente avrei optato per una simbolica settimana di stop a dimostrazione del nostro sostegno. Inoltre è uno sbaglio reputarci immuni date le difficili condizioni in cui riversano alcuni ambienti di ricerca, anche di quelli che sono considerati eccellenze per risultati

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