Il profano nel sacro

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La pubblicità è vecchia come il mondo. Infatti, come tutti sanno, cominciò il serpente a decantare a Eva le virtù della sua frutta”.

 

Cesare Marchi

 

 

The marketing is all around”. Esso è un processo sociale volto a influenzare un comportamento di consumo, a trasmettere messaggi di qualsiasi entità. Chi può se ne serve. Questa è la realtà e noi tutti l’accettiamo, chi più, chi a meno dosi. Eppure se la mano che si nasconde dietro ad uno slogan, ad un marchio, ad un evento pubblicitario è quella di “un’entità religiosa”, ecco che si accende un dibattito che tocca sia i credenti più ortodossi che gli atei meno impegnati. Ciò succede quando la parola di un Dio, di qualsiasi orientamento religioso Egli sia, anziché assomigliare ad un messaggio d’amore, sembra lo slogan pubblicitario di un paio di calze!

 

 

Basti pensare all’esempio di Scientology, definita come la religione più costosa della terra, nonché la religione delle star di Hollywood e dei grandi scandali. Creata nel 1954 dallo scrittore di fantascienza Ron Hubbard, fin dalle sue origini si è caratterizzata per un atteggiamento prettamentemarketing-oriented. Infatti grazie a volontari molto attivi tra cui Tom Cruise e John Travolta e a diverse collane di libri e riviste dalla grafica accattivante, Scientology è riuscita a costruire la propria immagine seguendo i dettami del marketing più moderno e, nel bene e nel male, a essere sempre al centro dell’attenzione mediatica.

 

Ma non finisce qui, sempre negli Stati Uniti, i pastori protestanti dei più famosi centri religiosi americani lavorano sulla propria immagine usando tecniche talvolta più vicine alla pubblicità che alla spiritualità. Bill Hybels per esempio, pastore della Chiesa di Willow Creek, e Rick Warren, pastore di Saddleback, hanno effettuato veri e propri sondaggi di mercato per individuare il target sul quale concentrare i propri sforzi di conversione.

 

 

Nonostante gli USA possano considerarsi la vera patria dei nuovi orientamenti religiosi, non è l’unica. In Giappone, per esempio, i nuovi movimenti religiosi fioriscono quasi quanto i modelli di consumo promossi dalla pubblicità. Kōfuku no Kagaku, fondato nel 1986daŌkawa Ryūhō, è un movimento il cui nome è tradotto in inglese come “Happy Science”, e la cui organizzazione sembra simile a quella di un’azienda. Ōkawa, infatti, si fa chiamare dai suoi fedelishusai, presidente, anziché fondatore.

 

Senza guardare esclusivamente ai modelli consumistici americani o nipponici, non può essere ignorata la massiccia presenza del marketing nel cattolicesimo. Dai rosari elettronici, alle corone di diamanti, sino ai luoghi di pellegrinaggio più in auge come Lourdes e Medjugorie (non a caso detta “Madonna del turismo”) permette di capire come effettivamente ruotino importanti interessi economici attorno a fenomeni di fede. L’obiettivo: fare della religione un marchio.

 

 

In tale contesto, scusate la franchezza, una vera ventata di fede viene sprigionata da movimenti religiosi che fanno della critica alle religioni tradizionali il loro vero e proprio credo. Tra questi la religione dei Pastafariani, una religione parodistica, nata a seguito della decisione del tribunale del Kansas di insegnare la teoria creazionistica in alternativa a quella evoluzionistica. Il suo Dio? Un’enorme mostro di spaghetti volante. Perciò a dispetto di tale commercializzazione del sentimento religioso sapete che vi dico: divento pastafariana.

 

 

Di Valeria Fiormonti 


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