Economia socialista di mercato e diritti umani calpestati: il mix “vincente” made in Cina

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Diritti umani, libertà religiosa, aborti forzati, pirateria industriale, concorrenza sleale, manipolazione del cambio: queste ed altre sono le accuse che il Congresso degli Stati Uniti e larga parte dell’opinione pubblica ha riversato contro il presidente cinese Hu Jintao, in visita ufficiale a Washington dal 19 al 22 gennaio.
Nonostante ciò mr. Obama gli ha riservato una cerimonia di arrivo in grande fanfare, conferenze stampe e cene di gala in pompa magna. Ovviamente il comportamento discusso delle autorità cinesi in materia di diritti umani e politica monetaria non è bastato ad Obama per ignorare il peso economico, militare e geopolitico della potente locomotiva asiatica; di fatto il presidente Usa dalla sua elezione nel 2009 ha incontrato il suo omologo cinese ben otto volte.
Ma mentre nei palazzi del potere si discuteva sulle discusse posizione del regime di Pechino, per le strade i dimostranti le gridavano a squarcia gola; i diritti negati in Tibet, quelli alle forze democratiche cinesi, la negazione della libertà religiosa e il ricorso agli aborti forzati per imporre la politica del figlio unico. Per non dimenticare il trattamento inferto al dissedente politico Liu Xiaobo condannato a 11 anni di carcere che non ha potuto neppure recarsi a Oslo per ritirare il premio Nobel della pace.

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