(Part -3) Scalisi ammanettato

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Martin O’Brian si era rivolto al detective Scalisi per chiedere protezione. Era convinto che lo stessero inseguendo. Quella Testa d’uovo non piaceva affatto al detective che senza clienti da settimane, era stato costretto ad accettare. Però c’era davvero un’auto che lo stava seguendo, un’auto guidata da una donna dalle labbra rosso fuoco.

Quando si risvegliò, provò a muovere le braccia, senza riuscirci. Allora Joseph Scalisi realizzò la situazone in cui si trovava. Era sul letto di una camera d’albergo, ammanettato alla testiera. Nudo. Provò a tirare, e poi ancora, senza risultato, senza convinzione, mentre i ricordi della nottata apparivano attraverso la nebbia dell’alcool.

Quando aveva bussato a quel finestrino, era rimasto sorpreso di vedere al volante una donna sulla quarantina, con labbra rosso fuoco e una sigaretta accesa in mano. Le mostrò il distintivo,  lei non smise di fumare. Poi, lentamente abbassò il vetro, soffiò fuori una nuvola di fumo e lasciò cadere a terra il mozzicone.

<<Sono il detective Joseph Scalisi, posso farle qualche domanda?>> Continua a leggere

(Part -2) Labbra rosso fuoco per Scalisi

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Martin O’Brian si era rivolto al detective Scalisi per chiedere protezione. Era convinto che lo stessero inseguendo. Quella Testa d’uovo non gli piaceva affatto ma senza clienti da tre settimane,  Scalisi non poteva fare lo schizzinoso.

Joseph Scailsi era appostato nella sua Ford del ’39, trangugiando l’hamburger che si era pagato con una parte dei soldi anticipati da Testa d’uovo. A proposito, eccolo che usciva dal portone del palazzo e con passo furtivo si avvicinava ad una berlina di colore scuro. Si guardava intorno, saliva al posto di guida e partiva. In quello stesso momento, anche un’altra macchina si mosse. Scalisi allora imprecò, lanciò fuori dal finestrino quello che avanzava del panino e ingoiò un boccone intero, partendo a sua volta.

Manteneva una distanza di tre auto tra se e l’inseguitore che a sua volta rimaneva qualche veicolo dietro Testa d’uovo. Ancora non aveva prove che lo stesse  pedinando, solo quel prurito alle mani tipico di quando aveva una forte sensazione. E di solito, non si sbagliava mai. Continua a leggere

(Part -1) Chi bussa alla porta del detective Scalisi?

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Il magico mondo di internet, che sembra sospeso in una dimensione senza tempo e senza spazio, offre la possibilità di fare incontri che altrimenti sarebbero praticamente impossibili.

L’incontro in questione è quello con Jo Maglietta, uno scrittore che diventa tale, di sera, smessi i panni dell’ingegnere.

Capita che ti diranno che tu non sia portato per qualcosa, a me avevano detto che non sapevo scrivere. E’ così ho studiato matematica, ho studiato ingegneria. E sono diventato un ingegnere, un buon ingegnere, con uno stabile lavoro a tempo indeterminato e la prospettiva di una brillante carriera. Ma io voglio dimostrare al mondo che so scrivere, voglio che il mondo si appassioni alla mia scrittura, che diventi una droga di cui non possa più fare a meno.[…]. Scrivo per dar sfogo alla mia anima, imprigionata nelle catene di questa società, scrivo perché nessuno possa guardarmi dall’alto in basso e giudicarmi, scrivo perché sono Jo Maglietta e sono uno scrittore.

Per il resto ci interessa poco sapere chi si nasconda dietro lo scrittore, perchè quello ci interessa sono le sue storie, nella speranza che anche voi vi lasciate trasportare nel mondo dei suoi racconti.

Comincia così oggi questa nuova rubrica, PuntoRacconto, che riprendendo la tradizione del Romanzo d’Appendice, vi racconterà, domenica dopo domenica, le vicissitudini del detective Scalisi….

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Chi bussa alla porta del detective Scalisi?

Joseph Scalisi arrotolò il giornale, stringendolo con forza nella mano destra. Seguiva con i piccoli occhi vispi la mosca che svolazzava intorno alla scrivania e quando fu alla sua portata, con un gesto fulmineo sollevò la grossa mano e sferrò il colpo. La mosca si accasciò priva di vita sull’unico spazio sgombro della vecchia scrivania. L’attenzione di Joseph Scalisi cadde quindi sull’agenda, aperta alla data del suo ultimo caso, 14 maggio 1947. Erano passate oltre tre settimane.

Qualcuno bussò alla porta dell’ufficio.

<<Avanti. Avanti.>>

C’era ancora la mosca, stecchita, in bella vista sulla scrivania e allora, mentre la figura dall’altro lato della porta ruotava la maniglia, la scostò con una mano, buttandola a terra, per poi spingerla sotto al tavolo con la punta della scarpa.

<<Buongiorno>> disse <<si accomodi.>>

<<Buongiorno>> rispose educato l’omino che stava varcando la soglia dell’ufficio, togliendosi il cappello. Era basso e minuto e la sua testa aveva la forma di un uovo d’uccello, con i capelli radi in cima e ricci ai lati che sembravano un nido. Si accomodò sulla sedia cigolante davanti alla scrivania, accavvallando le gambe. Si lisciò un baffo che somigliava alla coda di un topo e afferrò il ginocchio con entrambe le mani. Continua a leggere