Se ne è parlato molto in questi giorni, se ne parlerà ancora, ed allora credo sia utile iniziare un dibattito, certamente da portare avantinel tempo, sui perché e sul come riportare il sistema elettorale nostrano su un binario di decenza.
Mi impegnerò, in prima persona, per far si che si raggiungano le firme necessarie affinché il referendum sul sistema elettorale più discusso della nostra storia possa cassare la legge Calderoli.
Lo farò principalmente per due motivi: perché credo che debbano essere gli elettori più o meno direttamente a scegliersi i propri rappresentanti, attraverso le preferenze, e poi perché con i collegi uninominali gli eletti dovranno rendere conto ai propri elettori del loro operato.
Queste due considerazioni potrebbero sembrare banali e scontate agli occhi degli abitanti dei mondi normali, ma l’Italia, come sappiamo, è tutto fuorché un paese normale. A queste latitudini anche la cosa più semplice ed ovvia sembra essere messa in discussione. Siamo ad un passo dal cadere nel dirupo dell’assuefazione da malaffare reiterato, oggi sempre più ci sembrano passabili fatti che tali non sono, ma questa è una storia diversa, che esula parzialmente dal resto.
Gran parte di quello che è oggi il nostro sistema elettorale va cambiato. Gran parte però non vuol dire tutto, o più precisamente, c’è una piccola parte della legge n. 270 del 21 dicembre 2005 (il porcellum) che andrebbe analizzata con più cura. Mi riferisco proprio alla possibilità di poter indicare la preferenza. Giusto, giustissimo oserei dire, però una domanda mi frulla in testa da qualche giorno: se si arrivasse ad avere un sistema dove le preferenze decidono in toto gli eletti, non si rischierebbe di lasciare fuori dal Parlamento quelle persone che si impegnano maggiormente in maniera intellettuale e molto meno sul territorio?